In caso di successione, l’erede può usufruire delle detrazioni fiscali per interventi di recupero edilizio sostenuti dal defunto? 🏠🧾

Risposta aggiornata secondo normativa 2025:
Sì, ma solo a precise condizioni. Le quote residue della detrazione edilizia si trasferiscono all’erede solo se questi ha la detenzione materiale e diretta dell’immobile, e possiede l’immobile al 31 dicembre dell’anno a cui la rata si riferisce.

📌 Cosa significa?

  • L’erede deve abitare direttamente nell’immobile o detenerlo a titolo personale (non basta esserne proprietario se l’immobile è affittato o in comodato a terzi);

  • Se più eredi sono coinvolti, la detrazione spetta interamente solo a chi detiene l’immobile in modo diretto;

  • Se l’immobile è stato ceduto in usufrutto a un legatario (es. coniuge superstite), nessuno può godere della detrazione, perché né il legatario ha la qualità di erede, né l’erede ha la detenzione;

  • La detenzione deve essere mantenuta anno per anno e sull’intero immobile per tutto l’anno. Basta affittarlo anche solo parzialmente o per pochi mesi per perdere la quota annuale.

🔍 In pratica, la detrazione si trasferisce all’erede solo se vive o utilizza l’immobile in via esclusiva e continuativa.

⚠️ Reverse charge e regime forfettario: attenzione all’IVA da versare!

I contribuenti in regime forfettario devono prestare particolare attenzione quando ricevono una fattura in reverse charge (inversione contabile). 🧾⏳

🔍 Quando il forfettario deve versare l’IVA?

In generale, i forfettari non addebitano l’IVA nelle fatture emesse e non detraggono quella sugli acquisti. Tuttavia, diventano debitori d’imposta in specifici casi di acquisti in reverse charge (inversione contabile), che richiedono:

  1. Integrazione della fattura ricevuta, indicando aliquota e importo IVA.
  2. Versamento dell’IVA all’erario.

Questi obblighi si applicano anche se il soggetto è forfettario!

🧾 Casi comuni di reverse charge per i forfettari

Ecco alcuni casi in cui un forfettario può trovarsi a dover versare l’IVA:

  • Servizi di pulizia degli edifici
  • Prestazioni di subappalto nel settore edilizio
  • Acquisti da fornitori UE
  • Acquisti di rottami, oro, dispositivi elettronici, ecc.

💡 Per tutti questi casi, anche se si è in regime agevolato, l’IVA deve essere calcolata e pagata.

🗓 Nuove scadenze: versamento IVA diventa trimestrale

Fino al 2024, il versamento IVA doveva avvenire entro il 16 del mese successivo all’operazione.

👉 Con le novità introdotte dal Dlgs correttivo 2025, il termine è stato allineato a quello previsto per i trimestrali:

📌 Versamento IVA entro il 16 del secondo mese successivo alla fine del trimestre solare
(Es. operazioni del I trimestre: versamento entro il 16 maggio)

Questa modifica evita ai forfettari una gestione mensile frammentata e favorisce una pianificazione più semplice ✅


🚨 Conseguenze in caso di mancato versamento

Il mancato versamento dell’IVA nei termini previsti espone il contribuente a:

  • Sanzioni per omesso o tardivo versamento
  • Interessi di mora
  • Impossibilità di sanare l’irregolarità con la sola dichiarazione annuale

👉 È quindi fondamentale monitorare con attenzione le fatture ricevute e valutare con il proprio commercialista l’eventuale obbligo di integrazione e versamento IVA.


📌 In sintesi

Aspetto Obbligo per il forfettario
Reverse charge ricevuto Sì, obbligo di integrazione e versamento IVA
Scadenza versamento IVA 16 del secondo mese successivo al trimestre
Esempi comuni Servizi edilizi, pulizie, acquisti UE
Sanzioni in caso di ritardo Sì, con interessi e multe

🏠 Ho un’immobile all’estero devo dichiararlo in Italia?

Se sei residente in Italia e possiedi un immobile all’estero – anche se non produce redditi – sì, devi dichiararlo. 📋

Vediamo cosa comporta, chi è obbligato, chi è esonerato, e cosa succede in caso di affitto o imposte pagate all’estero.👇


🔎 Chi deve dichiarare un immobile all’estero?

Devono dichiarare l’immobile tutti i contribuenti fiscalmente residenti in Italia che, nel corso dell’anno, detengono immobili fuori dal territorio italiano (case, appartamenti, terreni, ecc.), anche se:

  • non producono reddito

  • sono a disposizione o inutilizzati

  • sono intestati in comproprietà


📌 Cosa devo fare se ho un immobile all’estero?

Hai tre obblighi principali:

  1. Quadro RW: va compilato nel Modello Redditi per segnalare la detenzione di investimenti e attività estere (monitoraggio fiscale).

  2. IVIE (Imposta sul Valore degli Immobili all’Estero): da versare annualmente, pari allo 0,76% del valore dell’immobile.

  3. Dichiarazione dei redditi prodotti (se l’immobile è affittato o venduto con plusvalenza).


🏘️ L’immobile è affittato? Cambia tutto!

Se il tuo immobile all’estero è locato, devi:

  • Dichiarare i canoni percepiti nella tua dichiarazione dei redditi

  • Calcolare e versare le imposte in Italia (in genere nel quadro RL)

  • Valutare il diritto al credito per imposte estere se già tassato all’estero

⚖️ Tassazione: locato vs non locato

Tipo di immobile Cosa devi fare in Italia Dove va dichiarato
🏠 Non locato Solo Quadro RW + IVIE RW
🏢 Locato Quadro RW + IVIE + tassazione IRPEF sul reddito RW + RL o quadro CE (credito)

💰 Hai già pagato imposte all’estero?

Se l’immobile affittato è già tassato nel Paese estero, puoi evitare la doppia imposizione grazie al credito d’imposta previsto dall’art. 165 del TUIR.

✔️ Il credito si calcola in base alle imposte pagate e può abbattere l’imposta IRPEF italiana.

📌 Si compila il Quadro CE del Modello Redditi, specificando:

  • Stato estero

  • Imposta pagata

  • Reddito prodotto

  • Calcolo del credito spettante


❌ Chi è esonerato dalla dichiarazione?

Se possiedi un immobile all’estero, sei esonerato solo se:

  • Il valore complessivo è inferiore a 15.000 €

  • Non genera reddito (es. immobile vuoto)

  • L’imposta IRPEF lorda è azzerata dalle detrazioni

⚠️ Attenzione: l’esenzione è rara e va valutata caso per caso.


📅 Quali sono le scadenze?

Adempimento Scadenza ordinaria
Dichiarazione redditi 🗓️ 30 novembre
Versamento IVIE 💰 30 giugno (rateizzabile)
Ravvedimento operoso 🔧 Entro 90 giorni

⚠️ Cosa rischio se non dichiaro?

Omissione Sanzione prevista
Quadro RW mancante Dal 3% al 15% del valore (raddoppio in black list)
IVIE non pagata Dal 90% al 180% dell’imposta dovuta
Redditi non dichiarati Fino al 240% dell’IRPEF evasa

✋ Ma puoi sempre rimediare con il ravvedimento operoso per ridurre le sanzioni.


🛡️ Come mettersi in regola?

  1. Ricostruisci i valori dell’immobile (valore di mercato, catastale estero o valore d’acquisto)

  2. Verifica le imposte pagate nel Paese estero

  3. Compila Quadro RW, RL (o CE) e calcola IVIE

  4. Valuta con un commercialista esperto il miglior regime fiscale

Posso detrarre la spesa per infissi sostenuta nel 2025?

Sì, nel 2025 puoi detrarre la spesa per la sostituzione degli infissi, scegliendo una delle due seguenti agevolazioni fiscali alternative:


🔹 1. Detrazione per riqualificazione energetica (Ecobonus)
Ai sensi dell’art. 14 del D.L. n. 63/2013, è prevista:

  • una detrazione del 50% (che scende al 36% se non si tratta dell’abitazione principale di chi sostiene la spesa);

  • un massimale di spesa di € 120.000, che può arrivare a € 166.666,67 per le abitazioni diverse da quella principale;

  • obbligo di trasmettere la comunicazione all’ENEA;

  • necessità di rispettare requisiti minimi di risparmio energetico.


🔹 2. Detrazione per recupero del patrimonio edilizio
Ai sensi dell’art. 16-bis del TUIR, anche questa modalità prevede:

  • una detrazione del 50% (senza riduzioni per abitazioni secondarie);

  • un massimale di spesa di € 96.000;

  • invio della comunicazione all’ENEA consigliato ma non obbligatorio;

  • nessun obbligo specifico sul risparmio energetico (non è richiesto un valore minimo di trasmittanza termica degli infissi).


🧩 Attenzione alla strategia fiscale!
Se hai in programma anche altri interventi di ristrutturazione edilizia, potresti valutare l’opzione “riqualificazione energetica” per non sforare il tetto di € 96.000 legato ai lavori di recupero edilizio: i due plafond di spesa sono distinti!


💡 In sintesi:
✔ Spesa detraibile?
✔ Detrazione? 50% in entrambi i casi
✔ Comunicazione ENEA? Obbligatoria per Ecobonus, consigliata ma non vincolante per ristrutturazioni
✔ Scegli l’opzione più conveniente in base alla tua situazione e al tipo di immobile 🏡

☀️ GSE e Condominio: come si tassano i proventi del fotovoltaico?

Con l’aumento delle installazioni di impianti fotovoltaici nei condomìni, una delle domande più frequenti è: come vanno tassate le somme ricevute dal GSE (Gestore dei Servizi Energetici)? 💡

Un recente chiarimento dell’Agenzia delle Entrate ha stabilito che le somme corrisposte dal GSE per l’energia non autoconsumata e ceduta alla rete non costituiscono reddito d’impresa, ma rientrano tra i redditi diversi (art. 67, comma 1, lett. i del TUIR).

👥 Chi è coinvolto?

  • Condomìni dotati di impianti fotovoltaici, anche con autoconsumo parziale e cessione dell’eccedenza.

  • ⚠️ Singoli condòmini, in quanto soggetti fiscalmente obbligati a dichiarare il provento ricevuto o attribuito.

📌 In sintesi: regole fiscali

Aspetto Regola
Tipo di reddito Reddito diverso (art. 67, comma 1, lett. i del TUIR)
Soggetto tassato Il singolo condomino, in base alla propria quota millesimale
Modalità di tassazione In dichiarazione dei redditi (modello Redditi PF)
Obbligo dichiarativo Anche in assenza di materiale percezione: se la somma è usata per compensare spese condominiali
Chi incassa dal GSE Il condominio, che ripartisce o utilizza le somme per coprire spese comuni
Aliquota IRPEF ordinaria applicata sul reddito imputabile

👉 Attenzione: anche se il condomino non riceve direttamente il denaro, ma le somme vengono usate per ridurre le sue quote condominiali, il reddito è comunque fiscalmente rilevante e va dichiarato.

📅 Quando dichiarare?

Le somme devono essere indicate nella dichiarazione relativa all’anno in cui il condominio le ha incassate dal GSE, secondo il principio di cassa.

⚠️ Se non si dichiarano?

La mancata indicazione comporta:

  • Sanzioni per omessa o infedele dichiarazione

  • Recupero dell’imposta

  • Controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate

🔎 Consiglio pratico: L’amministratore dovrebbe fornire annualmente a ogni condomino un prospetto con la quota da dichiarare, specificando anche se è stata utilizzata per coprire spese comuni.

🔧 Strumento utile per gli amministratori:
Per facilitare il corretto adempimento fiscale, mettiamo a disposizione un fac-simile di comunicazione che l’amministratore può inviare annualmente ai condòmini, indicando l’importo da dichiarare e le modalità operative.
👉 Facsimile_Comunicazione_Proventi_GSE

🔍 Regolarizzazione delle fatture elettroniche: tutto quello che c’è da sapere

📌 Hai dimenticato di emettere o ricevere una fattura elettronica nei termini previsti? Niente panico: la normativa italiana prevede strumenti per regolarizzare la posizione ed evitare sanzioni gravi.

Vediamo insieme chi deve regolarizzare, come farlo, entro quali termini e quali sono le conseguenze di eventuali omissioni.


🧾 Chi è obbligato alla regolarizzazione?

Sono tenuti alla regolarizzazione:

  • ✅ I cedenti/prestatori che non hanno emesso fattura nei termini;

  • ✅ Gli acquirenti/committenti che hanno ricevuto una fattura irregolare o non l’hanno proprio ricevuta.

🔄 Attenzione: l’obbligo di regolarizzazione si applica anche nel caso in cui la fattura sia stata emessa ma fuori dai termini di legge (es. oltre i 12 giorni previsti dall’art. 21 del DPR 633/72).


⏱️ Termini per la regolarizzazione

I termini variano a seconda del soggetto e della tipologia di irregolarità:

Soggetto Cosa regolarizzare Termine
Cedente/Prestatore Fattura non emessa o emessa tardivamente Entro i termini del ravvedimento operoso
Acquirente/Committente Fattura non ricevuta o irregolare Entro 30 giorni dall’effettuazione dell’operazione (o dalla ricezione della fattura irregolare)

🔎 Come si regolarizza?

  • Con autofattura elettronica se non si è ricevuta la fattura;

  • Con autofattura per regolarizzazione se la fattura ricevuta è irregolare;

  • Mediante ravvedimento operoso, versando la sanzione ridotta.


⚠️ Sanzioni: cosa si rischia?

In caso di mancata regolarizzazione si applicano sanzioni che possono essere molto onerose:

  • Cedente/Prestatore: sanzione dal 90% al 180% dell’imposta (minimo 500 €);

  • Acquirente/Committente: sanzione del 100% dell’imposta non detraibile, se non si regolarizza.

💡 Ma attenzione! In caso di errori formali (es. inversione codice fiscale/partita IVA), non rilevanti ai fini fiscali, non sono previste sanzioni.


✅ Vantaggi del ravvedimento operoso

Il ravvedimento operoso consente di ridurre sensibilmente le sanzioni:

  • Versando una sanzione ridotta proporzionale al ritardo;

  • Integrando correttamente la contabilità.

🛡️ È uno strumento fondamentale per mettersi in regola in autonomia, evitando controlli e contenziosi.


🧮 Come inviare l’autofattura elettronica?

Per la regolarizzazione è necessario utilizzare il tracciato XML tipo TD20 (autofattura) o TD27 (autofattura per reverse charge) da inviare al Sistema di Interscambio (SdI).


🧱 Come devono essere valutate le rimanenze? Focus sul settore edile

In ambito contabile, la corretta valutazione delle rimanenze è un passaggio cruciale per una rappresentazione veritiera e corretta del bilancio. Questo è particolarmente vero per le imprese che operano su commessa, come nel caso delle imprese edili 🏗️.

Vediamo insieme quali criteri adottare e come applicarli con un esempio concreto.


📘 Cosa prevede il Codice Civile?

Secondo l’art. 2426 c.c. comma 1 n. 9:

“Le rimanenze devono essere iscritte al costo di acquisto o di produzione, ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore.”

In caso di lavori in corso su ordinazione, si può invece optare per la valutazione:

  • al costo (criterio della commessa completata),

  • oppure sulla base del corrispettivo maturato con ragionevole certezza (criterio della percentuale di completamento).

Questa seconda opzione è particolarmente indicata per commesse pluriennali, tipiche nel settore delle costruzioni.


🧾 Quando applicare il criterio della percentuale di completamento?

L’OIC 23 consente di applicare questo criterio se sussistono tutte queste condizioni:
✅ Esiste un contratto vincolante tra le parti;
✅ Il diritto al corrispettivo matura progressivamente con l’avanzamento dei lavori;
Non vi sono incertezze gravi sulle obbligazioni contrattuali;
✅ Il risultato economico della commessa è misurabile in modo attendibile.


📅 Cosa si intende per commessa ultrannuale?

Una commessa è definita ultrannuale quando la sua esecuzione si protrae oltre i dodici mesi, ovvero:

  • il periodo tra l’inizio effettivo dei lavori (non necessariamente la firma del contratto),

  • e il completamento delle opere (o servizi)
    è maggiore di un anno.

❗️Non conta quando è stato firmato il contratto, ma la durata effettiva dell’esecuzione tecnica del progetto. Questo è molto frequente nel settore edile, dove i tempi di realizzazione di edifici o infrastrutture si estendono ben oltre i 12 mesi.

📌 Solo in presenza di commesse ultrannuali è possibile applicare — sia civilisticamente che fiscalmente — il criterio della percentuale di completamento.


🧮 I metodi di calcolo ammessi

Tra i metodi più utilizzati:

  • Cost to cost: rapporto tra costi sostenuti e costi totali stimati;

  • Ore lavorate;

  • Unità consegnate;

  • Misurazioni fisiche.


💰 Come devono essere valutate fiscalmente le rimanenze?

La disciplina fiscale si allinea in buona parte a quella civilistica, ma con alcune particolarità importanti.

In base all’art. 92 del TUIR, le rimanenze finali dei lavori in corso su ordinazione devono essere valutate:

  • al costo, nei casi in cui non si adottano i criteri della percentuale di completamento;

  • alla percentuale di completamento, solo se la commessa ha durata ultrannuale e il criterio è stato effettivamente applicato in contabilità.

➡️ Attenzione: se in contabilità viene applicato il criterio della percentuale di completamento, anche fiscalmente l’impresa è obbligata a seguirlo, rendendo fondamentale la coerenza tra bilancio e dichiarazione dei redditi 📑.

Inoltre, il costo fiscalmente rilevante include solo i costi effettivamente sostenuti e deducibili secondo le regole del TUIR (ad esempio, sono escluse le spese non inerenti o non documentate correttamente).

💡 Esempio: se l’impresa ha sostenuto € 800.000 in costi documentati e deducibili, quello sarà il valore minimo delle rimanenze finali ai fini fiscali, salvo si applichi il criterio della percentuale di completamento che porti a un valore più elevato.


👷 Esempio pratico: impresa edile

Impresa Edile EdilProgetti Srl ha avviato nel 2024 la costruzione di un complesso residenziale, con termine previsto nel 2026.

Il contratto con il cliente è regolarmente firmato e prevede un corrispettivo totale di € 2.000.000. Alla fine del 2024, l’impresa ha sostenuto costi per € 800.000 su un totale previsto di € 1.600.000.

Applicando il criterio “cost to cost”, la percentuale di completamento è:
📊 800.000 / 1.600.000 = 50%

Quindi, l’importo da iscrivere come lavori in corso su ordinazione sarà:
📌 2.000.000 × 50% = € 1.000.000

📌 Cosa deve fare un commerciante al minuto se il cliente chiede la fattura?

Il commerciante al minuto non è obbligato a emettere la fattura, salvo che non venga espressamente richiesta dal cliente al momento dell’acquisto (art. 22 DPR 633/1972).
In tal caso, deve:

  1. Emettere una fattura elettronica anche se ha già rilasciato lo scontrino o documento commerciale;

  2. Indicare chiaramente nella fattura gli estremi dello scontrino già emesso, compilando correttamente la sezione “Altri Dati Gestionali”;

    • Tipo Documento: riferimento allo scontrino o ricevuta 📄

    • Riferimento Testo: identificativo alfanumerico dello scontrino 🔢

    • Riferimento Numero: numero progressivo dello scontrino 🧾

    • Riferimento Data: data dello scontrino 📅

👉 Attenzione: se non si indicano correttamente questi dati, il sistema dell’Agenzia delle Entrate potrebbe rilevare un’anomalia, considerando la fattura e lo scontrino come due operazioni distinte, con il rischio di duplicazione dell’imponibile e potenziali contestazioni.

Devo indicare i titoli di Stato per il calcolo del modello ISEE?

Dal 2025  non è più obbligatorio includere i titoli di Stato nel calcolo dell’ISEE, fino a un valore massimo di 50.000 euro per nucleo familiare. Questo vale per:

  • BOT (Buoni Ordinari del Tesoro)

  • BTP (Buoni del Tesoro Poliennali, di tutte le tipologie)

  • CCTeu (Certificati di Credito del Tesoro)

  • Buoni fruttiferi postali (anche quelli già trasferiti allo Stato)

  • Libretti di risparmio postale

Grazie a un recente aggiornamento delle regole (DM 2 aprile 2025 n. 75), si può scegliere di escludere questi strumenti dal patrimonio mobiliare ai fini ISEE, con un massimo di 50.000 euro.

Se è già presente un ISEE valido, è possibile richiederne uno nuovo che tenga conto di questa novità.

Note di Credito e Split Payment: Come Ridurre l’Imponibile

1. Contesto della Nota di Credito in Split Payment

Quando un’operazione soggetta a split payment viene meno o si riduce l’importo fatturato (per esempio, a causa del mancato pagamento), si può emettere una nota di credito in diminuzione anche oltre l’anno dalla data della fattura originale. Questo è previsto in casi specifici, come nel mancato incasso, secondo quanto riportato nell’articolo 26 del DPR n. 633/1972.

2. Emissione della Nota di Credito

  • La nota di credito deve:
    • Essere numerata;
    • Indicare l’importo della variazione e l’IVA corrispondente;
    • Fare esplicito riferimento alla fattura originale emessa in regime di split payment.
  • Non sarà possibile portare in detrazione l’IVA corrispondente alla variazione. Pertanto, la nota andrà registrata come semplice rettifica senza impatti sulla liquidazione IVA del periodo.

3. Adempimenti del Cedente e del Cessionario

  • Cedente (chi emette la nota): Deve annotare la rettifica nel registro IVA, ma non ha diritto a detrarre l’imposta poiché questa non influisce sulla liquidazione periodica.
  • Cessionario/Committente (cliente): Se non ha anticipato l’esigibilità dell’IVA, dovrà anch’egli fare un semplice storno contabile, senza influire sulla propria liquidazione periodica IVA.

In questo modo, il cliente può ridurre contabilmente l’importo senza impattare sui versamenti periodici, poiché la nota di credito è trattata solo come una rettifica contabile​

COME DEVE ESSERE COMPILATA LA NOTA DI CREDITO ELETTRONICA

Per compilare correttamente una nota di credito elettronica per un’operazione in split payment, è necessario seguire alcuni passaggi specifici e assicurarsi che tutti i campi rilevanti siano completati. Di seguito ti indico le informazioni chiave da inserire e alcune note per la compilazione:

1. Dati della Fattura di Riferimento

  • Numero e Data della Fattura: Indica chiaramente il numero e la data della fattura originale a cui si riferisce la nota di credito.
  • Descrizione della Modifica: Spiega brevemente la ragione della variazione, come per esempio il mancato pagamento o la correzione di un importo.

2. Dati del Cedente/Prestatore e Cessionario/Committente

  • Compila i dati dell’emittente (cedente o prestatore) e del destinatario (cessionario o committente), come previsto dalla normativa per i documenti fiscali.

3. Codice Tipo Documento

  • Seleziona il codice tipo documento TD04, che è il codice specifico per le note di credito elettroniche.

4. Imponibile e IVA

  • Inserisci l’importo dell’imponibile e l’importo dell’IVA relativo alla parte da stornare. Anche se, nel regime di split payment, l’IVA non viene liquidata dal cedente, è comunque necessario riportarla.

5. Codice Natura IVA

  • Indica il codice natura IVA N6.3 (Scissione dei pagamenti), che identifica l’operazione come soggetta al meccanismo dello split payment.

6. Dati di Rettifica nei Registri IVA

  • Registra la nota di credito nei registri IVA (Registro delle Fatture Emesse) per aggiornare correttamente la tua contabilità, senza però detrarre l’IVA se questa non è stata incassata (nel regime di split payment, l’IVA è versata direttamente all’Erario).