❓ Trasferimento dell’immobile e detrazioni edilizie: quali regole valgono per la cessione tra vivi e per la successione?

La disciplina varia a seconda del tipo di trasferimento:

🔹 Trasferimento per atto tra vivi (vendita, donazione, ecc.)

Secondo l’art. 16-bis, comma 8, del TUIR, la detrazione residua per interventi edilizi segue l’immobile e passa all’acquirente (o donatario). Tuttavia, le parti possono stabilire diversamente nell’atto: in tal caso la detrazione rimane in capo al venditore.

🔹 Trasferimento per successione (causa mortis)

In caso di decesso, la detrazione si trasferisce all’erede che detiene materialmente e direttamente l’immobile.

  • Se l’immobile è locato o in comodato nell’anno del decesso, l’erede non potrà fruire della quota di quell’anno.

  • Se negli anni successivi l’erede acquisisce la detenzione materiale (ad esempio, alla scadenza della locazione), potrà beneficiare delle rate residue, a condizione che la detenzione sia mantenuta per l’intero anno solare (dal 1° gennaio al 31 dicembre).

  • Se più eredi detengono l’immobile, la detrazione deve essere ripartita proporzionalmente tra loro.

👉 Principio di diritto n. 7/2025 dell’Agenzia delle Entrate ha chiarito che la detenzione materiale non deve necessariamente sussistere già nell’anno di apertura della successione: l’erede può subentrare negli anni successivi e usufruire comunque delle rate residue.

📌 Estensione ad altri bonus edilizi

Le stesse regole valgono anche per:

  • Bonus ristrutturazioni
  • Bonus verde
  • Ecobonus
  • Superbonus 110%

Agevolazioni “Prima Casa” e unità immobiliari contigue

Domanda:
👉 Ho acquistato due unità immobiliari contigue con l’agevolazione “prima casa”, ma non le ho ancora fuse catastalmente. Rischio di perdere i benefici fiscali?

Risposta:
No, non necessariamente. La Corte di Cassazione (ord. n. 25866/2025, depositata il 22/09/2025) ha chiarito che, in caso di acquisto di più unità immobiliari contigue con agevolazioni “prima casa”, ciò che conta non è la fusione catastale, ma l’effettiva unificazione materiale degli immobili entro tre anni dall’acquisto 🏠✨.

📌 I punti chiave della pronuncia:

  • Agevolazione ammessa anche per più unità contigue: i benefici fiscali spettano se le unità formano, nel complesso, un’unica abitazione non di lusso.

  • Tre anni di tempo: entro il termine triennale (lo stesso concesso all’Agenzia delle Entrate per i controlli) deve essere realizzata la fusione “di fatto” degli immobili, ossia l’unificazione strutturale e funzionale.

  • Prova a carico del contribuente: è il contribuente che deve dimostrare la reale unificazione (ad esempio con lavori edilizi, scala interna, planimetrie, fotografie, ecc.).

  • Accatastamento non obbligatorio: la variazione catastale (fusione) è utile come prova, ma non è un requisito da completare entro i tre anni.

⚖️ Il caso concreto:

Un contribuente aveva acquistato due piani sovrastanti dello stesso edificio, collegati da una scala interna ma accatastati separatamente. L’Agenzia delle Entrate aveva revocato le agevolazioni per mancanza della fusione catastale. Dopo un percorso giudiziario complesso, la Cassazione ha ribaltato le decisioni di secondo grado, confermando che l’unificazione materiale era sufficiente a garantire i benefici.

🚨 Conseguenze pratiche:

  • Se entro 3 anni non viene realizzata la fusione materiale, il contribuente decade dalle agevolazioni e deve restituire le imposte risparmiate, con sanzioni e interessi.

  • Se la fusione viene realizzata ma non accatastata entro lo stesso termine, le agevolazioni restano valide, purché si dimostri l’unicità dell’abitazione.


In sintesi: per conservare le agevolazioni “prima casa” in caso di acquisto di più unità contigue, conta la realtà sostanziale e non il mero adempimento catastale. L’accatastamento può venire dopo, l’importante è che entro tre anni sia realizzata la casa unica abitabile.

❓ FAQ – Come si possono legittimamente distruggere o smaltire i beni aziendali?

Domanda

Un imprenditore ha eliminato dei beni aziendali senza formalità e senza avvisare l’Amministrazione. Ci sono conseguenze?

Risposta

Sì ✅. La distruzione o rottamazione dei beni aziendali deve essere documentata in modo preciso per evitare la presunzione di cessione (art. 1 DPR 441/1997), che porterebbe a considerare i beni come venduti con conseguente obbligo IVA e rischio di sanzioni.

Le procedure ammesse sono alternative e dipendono dal valore dei beni e dal metodo scelto:


1️⃣ Procedura ex DPR 441/1997

È la procedura classica prevista per la distruzione volontaria:

  • Comunicazione preventiva: invio almeno 5 giorni prima ad Agenzia Entrate e Guardia di Finanza con data, ora, luogo, modalità di distruzione, natura e valore dei beni, eventuale valore residuo.

  • Verbale:

    • obbligatorio se i beni valgono oltre 10.000 € (redatto da AE, GdF o notaio);

    • sostituibile con dichiarazione sostitutiva se il valore è inferiore a 10.000 €.

  • DDT numerato: per eventuali residui derivanti dalla distruzione.


2️⃣ Conferimento a smaltitore autorizzato ♻️

In alternativa, i beni possono essere conferiti a un soggetto autorizzato allo smaltimento rifiuti.

  • In questo caso la prova della distruzione è data dal Formulario di identificazione rifiuti (FIR), che deve riportare: produttore/detentore, tipologia e quantità del rifiuto, impianto di destinazione, data e percorso, destinatario.

  • La Cassazione (ord. 26223/2021) ha confermato che in caso di conferimento diretto allo smaltitore, non occorre seguire la procedura del DPR 441/1997: il FIR costituisce piena prova della distruzione.


3️⃣ Autoconsumo o cessione ai soci

La società può assegnare i beni ai soci che si occuperanno dello smaltimento.

  • L’operazione deve essere fatturata e assoggettata a IVA se al momento dell’acquisto l’IVA era stata detratta;

  • se non era stata detratta, l’operazione è fuori campo IVA.


4️⃣ Procedura semplificata per beni di valore inferiore a 10.000 €

Introdotta dal D.Lgs. 70/2011:

  • obbligo di comunicazione preventiva ad Agenzia Entrate;

  • possibilità di sostituire il verbale con una dichiarazione sostitutiva di atto notorio, contenente data, ora, luogo, natura, quantità e valore dei beni distrutti.


Conseguenze se non si segue alcuna procedura ⚠️

  • I beni si presumono ceduti ai fini IVA;

  • si rischiano sanzioni fiscali e la ripresa a tassazione del valore delle rimanenze.


📌 In sintesi:

  • Se distruggi i beni direttamente in azienda → segui la procedura DPR 441/1997.

  • Se li consegni a uno smaltitore autorizzato → basta il Formulario rifiuti (FIR).

  • Se li assegni ai soci → serve fattura e corretta gestione IVA.

  • Se il valore è inferiore a 10.000 € → è possibile la procedura semplificata con autocertificazione.

❓ FAQ: Posso continuare a detrarre le spese relative a un immobile che ho ceduto? 🏠

Sì, ma solo a determinate condizioni.
Se hai ceduto un immobile su cui avevi sostenuto spese agevolabili (es. ristrutturazioni, efficientamento energetico, Superbonus, ecc.), puoi continuare a detrarre le quote residue solo se nell’atto di cessione hai espressamente dichiarato di voler trattenere il beneficio fiscale. In caso contrario, la detrazione si trasferisce automaticamente all’acquirente.

📄 Cosa succede in pratica:

  • ✍️ Hai espresso la volontà di trattenere le detrazioni nell’atto di vendita?
    Continui tu a beneficiare delle quote residue.

  • 🤐 L’atto è “silente”?
    Le detrazioni passano al nuovo proprietario.

🔎 Eccezione importante:
Per il bonus barriere architettoniche al 75%, l’Agenzia delle Entrate ha chiarito che non è previsto il trasferimento della detrazione: quindi continua a spettare al vecchio proprietario, anche in assenza di dichiarazione nell’atto di vendita.


📌 Documentazione necessaria:

  • Copia dell’atto di cessione con indicazione della volontà espressa (se presente)

  • Ricevute e fatture delle spese sostenute

  • Prove di avvenuto pagamento tracciabile

  • Codici fiscali del beneficiario e dell’impresa esecutrice

  • Comunicazioni ENEA (se richieste per il tipo di bonus)


🔔 Suggerimento professionale:
Prima di vendere un immobile oggetto di detrazioni, valuta attentamente con il tuo consulente fiscale se trattenere il beneficio e inserisci sempre la tua volontà in modo chiaro nell’atto di cessione.

❄️ Posso detrarre nel 2025 la spesa sostenuta per l’acquisto e l’installazione di un condizionatore?

Sì, nel 2025 puoi detrarre la spesa per un condizionatore, purché siano rispettate alcune condizioni previste dai bonus edilizi. Le agevolazioni fiscali applicabili sono due:

1. Bonus Casa (Art. 16-bis TUIR) – Detrazione 50% o 36%

Questa detrazione è valida anche per nuove installazioni, se il condizionatore (con pompa di calore) è destinato a soddisfare i bisogni energetici dell’abitazione.
Requisiti:

  • L’impianto deve essere al servizio diretto dell’abitazione.

  • Deve garantire risparmio energetico, documentabile ad esempio con la scheda tecnica del produttore.

  • Detrazione del 50% se l’intervento riguarda l’abitazione principale, 36% negli altri casi.
    👉 Limite di spesa: 96.000 € per unità immobiliare.

2. Ecobonus (Art. 14 DL 63/2013) – Detrazione solo per sostituzione

L’ecobonus è applicabile solo se sostituisci un impianto di riscaldamento esistente con un sistema a pompa di calore ad alta efficienza.
👉 Limite massimo di detrazione: 30.000 €.

📅 Attenzione alle aliquote: dal 1° gennaio al 31 dicembre 2025, le aliquote sono:

  • 50% per abitazione principale

  • 36% per altri immobili
    📌 Le detrazioni vanno ripartite in 10 rate annuali di pari importo.

📂 Quali documenti servono e quali comunicazioni fare?

Per poter usufruire correttamente della detrazione è necessario:

Conservare la seguente documentazione:

  • Fattura intestata al contribuente che richiede la detrazione, con descrizione dettagliata dell’intervento;

  • Bonifico parlante, con indicazione di: causale del versamento, codice fiscale del beneficiario e partita IVA del fornitore;

  • Scheda tecnica del condizionatore che attesti il risparmio energetico (necessaria per bonus casa);

  • Certificazione del fornitore/installatore, ove richiesta;

  • Eventuali abilitazioni edilizie, se previste (CILA, SCIA o altra documentazione tecnica).

📢 Comunicazioni obbligatorie:

  • Invio della comunicazione ENEA (entro 90 giorni dalla fine lavori), se l’intervento comporta risparmio energetico, sia per bonus casa che per ecobonus.
    Il portale di riferimento è: https://bonusfiscali.enea.it

⚠ È fondamentale mantenere tutta la documentazione per eventuali controlli da parte dell’Agenzia delle Entrate.

In caso di rinnovo tacito del contratto di locazione, è obbligatorio aggiornare l’Attestato di Prestazione Energetica (APE) se scaduto?

Sì, in caso di rinnovo tacito del contratto di locazione, l’Attestato di Prestazione Energetica (APE) scaduto deve essere obbligatoriamente rinnovato 🔁. Lo ha chiarito il Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica (interpello n. 30213/2025), confermando che anche il rinnovo tacito costituisce una nuova locazione ai sensi dell’art. 1597 del Codice Civile 📜.

Pertanto, se alla data del rinnovo automatico l’APE è scaduto, il locatore è tenuto a predisporre un nuovo attestato da comunicare al conduttore. Questo obbligo è stato ulteriormente rafforzato dalla direttiva europea “Case Green” 🏡🌱, che richiede la trasparenza della prestazione energetica in ogni nuova fase contrattuale.

❗Attenzione: la mancata consegna dell’APE aggiornato può comportare sanzioni e l’invalidità di alcune clausole del contratto.

❓ In caso di mancata percezione del canone di locazione, devo comunque dichiararlo e pagarci le imposte?

Sì, il canone di locazione va dichiarato e risulta fiscalmente imponibile anche se non è stato effettivamente percepito, a meno che non vi sia un valido elemento oggettivo che provi la cessazione del contratto o la sospensione del canone, con data certa opponibile ai terzi – come stabilito dalla recente ordinanza della Corte di Cassazione n. 12081 del 7 maggio 2025.

🔍 La scrittura privata non autenticata, se priva di data certa (ad esempio tramite registrazione o altro fatto giuridicamente rilevante come la morte del sottoscrittore), non è sufficiente a escludere la tassazione del canone non riscosso.

📌 Pertanto, fino a quando il contratto di locazione risulta formalmente in essere, l’Agenzia delle Entrate presume la tassabilità dei canoni, a prescindere dalla loro effettiva riscossione. Non sono sufficienti:

  • ricevute con importi ridotti;

  • dichiarazioni del conduttore;

  • accordi scritti privi di data certa.

✍️ Per evitare accertamenti fiscali è necessario:

  • risolvere formalmente il contratto o registrare l’accordo modificativo;

  • dotare l’accordo di data certa, come richiesto dall’art. 2704 c.c.;

  • agire legalmente in caso di morosità (es. convalida sfratto).


💡 Conclusione

L’imposizione fiscale segue il principio della disponibilità giuridica del reddito, non la sua effettiva percezione. Agisci con tempestività e in modo documentato per tutelarti.

In caso di successione, l’erede può usufruire delle detrazioni fiscali per interventi di recupero edilizio sostenuti dal defunto? 🏠🧾

Risposta aggiornata secondo normativa 2025:
Sì, ma solo a precise condizioni. Le quote residue della detrazione edilizia si trasferiscono all’erede solo se questi ha la detenzione materiale e diretta dell’immobile, e possiede l’immobile al 31 dicembre dell’anno a cui la rata si riferisce.

📌 Cosa significa?

  • L’erede deve abitare direttamente nell’immobile o detenerlo a titolo personale (non basta esserne proprietario se l’immobile è affittato o in comodato a terzi);

  • Se più eredi sono coinvolti, la detrazione spetta interamente solo a chi detiene l’immobile in modo diretto;

  • Se l’immobile è stato ceduto in usufrutto a un legatario (es. coniuge superstite), nessuno può godere della detrazione, perché né il legatario ha la qualità di erede, né l’erede ha la detenzione;

  • La detenzione deve essere mantenuta anno per anno e sull’intero immobile per tutto l’anno. Basta affittarlo anche solo parzialmente o per pochi mesi per perdere la quota annuale.

🔍 In pratica, la detrazione si trasferisce all’erede solo se vive o utilizza l’immobile in via esclusiva e continuativa.

⚠️ Reverse charge e regime forfettario: attenzione all’IVA da versare!

I contribuenti in regime forfettario devono prestare particolare attenzione quando ricevono una fattura in reverse charge (inversione contabile). 🧾⏳

🔍 Quando il forfettario deve versare l’IVA?

In generale, i forfettari non addebitano l’IVA nelle fatture emesse e non detraggono quella sugli acquisti. Tuttavia, diventano debitori d’imposta in specifici casi di acquisti in reverse charge (inversione contabile), che richiedono:

  1. Integrazione della fattura ricevuta, indicando aliquota e importo IVA.
  2. Versamento dell’IVA all’erario.

Questi obblighi si applicano anche se il soggetto è forfettario!

🧾 Casi comuni di reverse charge per i forfettari

Ecco alcuni casi in cui un forfettario può trovarsi a dover versare l’IVA:

  • Servizi di pulizia degli edifici
  • Prestazioni di subappalto nel settore edilizio
  • Acquisti da fornitori UE
  • Acquisti di rottami, oro, dispositivi elettronici, ecc.

💡 Per tutti questi casi, anche se si è in regime agevolato, l’IVA deve essere calcolata e pagata.

🗓 Nuove scadenze: versamento IVA diventa trimestrale

Fino al 2024, il versamento IVA doveva avvenire entro il 16 del mese successivo all’operazione.

👉 Con le novità introdotte dal Dlgs correttivo 2025, il termine è stato allineato a quello previsto per i trimestrali:

📌 Versamento IVA entro il 16 del secondo mese successivo alla fine del trimestre solare
(Es. operazioni del I trimestre: versamento entro il 16 maggio)

Questa modifica evita ai forfettari una gestione mensile frammentata e favorisce una pianificazione più semplice ✅


🚨 Conseguenze in caso di mancato versamento

Il mancato versamento dell’IVA nei termini previsti espone il contribuente a:

  • Sanzioni per omesso o tardivo versamento
  • Interessi di mora
  • Impossibilità di sanare l’irregolarità con la sola dichiarazione annuale

👉 È quindi fondamentale monitorare con attenzione le fatture ricevute e valutare con il proprio commercialista l’eventuale obbligo di integrazione e versamento IVA.


📌 In sintesi

Aspetto Obbligo per il forfettario
Reverse charge ricevuto Sì, obbligo di integrazione e versamento IVA
Scadenza versamento IVA 16 del secondo mese successivo al trimestre
Esempi comuni Servizi edilizi, pulizie, acquisti UE
Sanzioni in caso di ritardo Sì, con interessi e multe

🏠 Ho un’immobile all’estero devo dichiararlo in Italia?

Se sei residente in Italia e possiedi un immobile all’estero – anche se non produce redditi – sì, devi dichiararlo. 📋

Vediamo cosa comporta, chi è obbligato, chi è esonerato, e cosa succede in caso di affitto o imposte pagate all’estero.👇


🔎 Chi deve dichiarare un immobile all’estero?

Devono dichiarare l’immobile tutti i contribuenti fiscalmente residenti in Italia che, nel corso dell’anno, detengono immobili fuori dal territorio italiano (case, appartamenti, terreni, ecc.), anche se:

  • non producono reddito

  • sono a disposizione o inutilizzati

  • sono intestati in comproprietà


📌 Cosa devo fare se ho un immobile all’estero?

Hai tre obblighi principali:

  1. Quadro RW: va compilato nel Modello Redditi per segnalare la detenzione di investimenti e attività estere (monitoraggio fiscale).

  2. IVIE (Imposta sul Valore degli Immobili all’Estero): da versare annualmente, pari allo 0,76% del valore dell’immobile.

  3. Dichiarazione dei redditi prodotti (se l’immobile è affittato o venduto con plusvalenza).


🏘️ L’immobile è affittato? Cambia tutto!

Se il tuo immobile all’estero è locato, devi:

  • Dichiarare i canoni percepiti nella tua dichiarazione dei redditi

  • Calcolare e versare le imposte in Italia (in genere nel quadro RL)

  • Valutare il diritto al credito per imposte estere se già tassato all’estero

⚖️ Tassazione: locato vs non locato

Tipo di immobile Cosa devi fare in Italia Dove va dichiarato
🏠 Non locato Solo Quadro RW + IVIE RW
🏢 Locato Quadro RW + IVIE + tassazione IRPEF sul reddito RW + RL o quadro CE (credito)

💰 Hai già pagato imposte all’estero?

Se l’immobile affittato è già tassato nel Paese estero, puoi evitare la doppia imposizione grazie al credito d’imposta previsto dall’art. 165 del TUIR.

✔️ Il credito si calcola in base alle imposte pagate e può abbattere l’imposta IRPEF italiana.

📌 Si compila il Quadro CE del Modello Redditi, specificando:

  • Stato estero

  • Imposta pagata

  • Reddito prodotto

  • Calcolo del credito spettante


❌ Chi è esonerato dalla dichiarazione?

Se possiedi un immobile all’estero, sei esonerato solo se:

  • Il valore complessivo è inferiore a 15.000 €

  • Non genera reddito (es. immobile vuoto)

  • L’imposta IRPEF lorda è azzerata dalle detrazioni

⚠️ Attenzione: l’esenzione è rara e va valutata caso per caso.


📅 Quali sono le scadenze?

Adempimento Scadenza ordinaria
Dichiarazione redditi 🗓️ 30 novembre
Versamento IVIE 💰 30 giugno (rateizzabile)
Ravvedimento operoso 🔧 Entro 90 giorni

⚠️ Cosa rischio se non dichiaro?

Omissione Sanzione prevista
Quadro RW mancante Dal 3% al 15% del valore (raddoppio in black list)
IVIE non pagata Dal 90% al 180% dell’imposta dovuta
Redditi non dichiarati Fino al 240% dell’IRPEF evasa

✋ Ma puoi sempre rimediare con il ravvedimento operoso per ridurre le sanzioni.


🛡️ Come mettersi in regola?

  1. Ricostruisci i valori dell’immobile (valore di mercato, catastale estero o valore d’acquisto)

  2. Verifica le imposte pagate nel Paese estero

  3. Compila Quadro RW, RL (o CE) e calcola IVIE

  4. Valuta con un commercialista esperto il miglior regime fiscale