🧱 Come devono essere valutate le rimanenze? Focus sul settore edile

In ambito contabile, la corretta valutazione delle rimanenze è un passaggio cruciale per una rappresentazione veritiera e corretta del bilancio. Questo è particolarmente vero per le imprese che operano su commessa, come nel caso delle imprese edili 🏗️.

Vediamo insieme quali criteri adottare e come applicarli con un esempio concreto.


📘 Cosa prevede il Codice Civile?

Secondo l’art. 2426 c.c. comma 1 n. 9:

“Le rimanenze devono essere iscritte al costo di acquisto o di produzione, ovvero al valore di realizzazione desumibile dall’andamento del mercato, se minore.”

In caso di lavori in corso su ordinazione, si può invece optare per la valutazione:

  • al costo (criterio della commessa completata),

  • oppure sulla base del corrispettivo maturato con ragionevole certezza (criterio della percentuale di completamento).

Questa seconda opzione è particolarmente indicata per commesse pluriennali, tipiche nel settore delle costruzioni.


🧾 Quando applicare il criterio della percentuale di completamento?

L’OIC 23 consente di applicare questo criterio se sussistono tutte queste condizioni:
✅ Esiste un contratto vincolante tra le parti;
✅ Il diritto al corrispettivo matura progressivamente con l’avanzamento dei lavori;
Non vi sono incertezze gravi sulle obbligazioni contrattuali;
✅ Il risultato economico della commessa è misurabile in modo attendibile.


📅 Cosa si intende per commessa ultrannuale?

Una commessa è definita ultrannuale quando la sua esecuzione si protrae oltre i dodici mesi, ovvero:

  • il periodo tra l’inizio effettivo dei lavori (non necessariamente la firma del contratto),

  • e il completamento delle opere (o servizi)
    è maggiore di un anno.

❗️Non conta quando è stato firmato il contratto, ma la durata effettiva dell’esecuzione tecnica del progetto. Questo è molto frequente nel settore edile, dove i tempi di realizzazione di edifici o infrastrutture si estendono ben oltre i 12 mesi.

📌 Solo in presenza di commesse ultrannuali è possibile applicare — sia civilisticamente che fiscalmente — il criterio della percentuale di completamento.


🧮 I metodi di calcolo ammessi

Tra i metodi più utilizzati:

  • Cost to cost: rapporto tra costi sostenuti e costi totali stimati;

  • Ore lavorate;

  • Unità consegnate;

  • Misurazioni fisiche.


💰 Come devono essere valutate fiscalmente le rimanenze?

La disciplina fiscale si allinea in buona parte a quella civilistica, ma con alcune particolarità importanti.

In base all’art. 92 del TUIR, le rimanenze finali dei lavori in corso su ordinazione devono essere valutate:

  • al costo, nei casi in cui non si adottano i criteri della percentuale di completamento;

  • alla percentuale di completamento, solo se la commessa ha durata ultrannuale e il criterio è stato effettivamente applicato in contabilità.

➡️ Attenzione: se in contabilità viene applicato il criterio della percentuale di completamento, anche fiscalmente l’impresa è obbligata a seguirlo, rendendo fondamentale la coerenza tra bilancio e dichiarazione dei redditi 📑.

Inoltre, il costo fiscalmente rilevante include solo i costi effettivamente sostenuti e deducibili secondo le regole del TUIR (ad esempio, sono escluse le spese non inerenti o non documentate correttamente).

💡 Esempio: se l’impresa ha sostenuto € 800.000 in costi documentati e deducibili, quello sarà il valore minimo delle rimanenze finali ai fini fiscali, salvo si applichi il criterio della percentuale di completamento che porti a un valore più elevato.


👷 Esempio pratico: impresa edile

Impresa Edile EdilProgetti Srl ha avviato nel 2024 la costruzione di un complesso residenziale, con termine previsto nel 2026.

Il contratto con il cliente è regolarmente firmato e prevede un corrispettivo totale di € 2.000.000. Alla fine del 2024, l’impresa ha sostenuto costi per € 800.000 su un totale previsto di € 1.600.000.

Applicando il criterio “cost to cost”, la percentuale di completamento è:
📊 800.000 / 1.600.000 = 50%

Quindi, l’importo da iscrivere come lavori in corso su ordinazione sarà:
📌 2.000.000 × 50% = € 1.000.000

Devo indicare i titoli di Stato per il calcolo del modello ISEE?

Dal 2025  non è più obbligatorio includere i titoli di Stato nel calcolo dell’ISEE, fino a un valore massimo di 50.000 euro per nucleo familiare. Questo vale per:

  • BOT (Buoni Ordinari del Tesoro)

  • BTP (Buoni del Tesoro Poliennali, di tutte le tipologie)

  • CCTeu (Certificati di Credito del Tesoro)

  • Buoni fruttiferi postali (anche quelli già trasferiti allo Stato)

  • Libretti di risparmio postale

Grazie a un recente aggiornamento delle regole (DM 2 aprile 2025 n. 75), si può scegliere di escludere questi strumenti dal patrimonio mobiliare ai fini ISEE, con un massimo di 50.000 euro.

Se è già presente un ISEE valido, è possibile richiederne uno nuovo che tenga conto di questa novità.